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Dino Ferrari
 nasce ad Ascoli Piceno il 29 maggio 1914, nel quartiere di S. Maria inter vineas, dove il padre ha un laboratorio di ebanisteria. Già nei primi anni manifesta il suo interesse per l’arte, restando notevolmente impressionato da un’incisione di Paul Gustave Doré raffigurante il Conte Ugolino della Commedia di Dante, riprodotta su di una cartolina da cui non si separerà mai più. 

Ad undici anni entra come allievo nello studio di uno degli artisti ascolani più validi del tempo: Egidio Coppola, un seguace del filone veristico napoletano. 

Alla morte di Coppola, nel 1928, Ferrari, che nel frattempo si è iscritto all’Istituto Tecnico Industriale, frequenta le lezioni serali di disegno artistico tenute dal prof. Aldo Castelli, e trascorre molte ore nella Pinacoteca civica, dove studia le opere di Michetti, Morelli, Induno e Mancini. 

All’età di diciotto anni realizza un dipinto dall’artista considerato come la sua prima opera d’arte vera e propria, ritratto di un popolano chiamato don Vincenzo, acquistato dall’ing. Marino Marini di Ascoli Piceno. 

Nel 1935 apre il suo primo studio sul Lungo Castellano, dietro porta Vescovo. Qui ha modo di studiare a fondo i soggetti tipici della tradizione del verismo “sociale” ottocentesco, come lavandaie, popolani e feste rionali. E’ di questi anni anche la prima commissione importante: un grande quadro per la Pinacoteca civica di Ascoli Piceno, raffigurante il salone della Vittoria della medesima. 

Nello stesso periodo, però, Ferrari avverte la necessità di superare l’impostazione veristica, anche in conseguenza della scoperta della pittura di Mafai e della “Scuola romana”. Ne è un esempio il dipinto “Ritorno al casolare“, di chiara impronta espressionistica, sua prima presenza ad una “collettiva”, svoltasi al Palazzo degli Studi di Recanati

Nel 1937 è a Roma dove conosce Sigismondo Mayer, divenendone allievo, e dove, al Museo di Villa Giulia, studia il neo-impressionismo di Armando Spadini. Sono fatte oggetto della sua attenzione anche la pittura del gruppo “Novecento” e quella fascista. 

Nel 1939 torna ad Ascoli, dove si susseguono le commissioni, specialmente di ritratti. Di questo periodo è la grande tavola per la chiesa dei Santi Filippo e Giacomo. Nello stesso anno si trasferisce nello studio di via Nicolò IV

Nel 1941, all’entrata dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, combatte diversi mesi nelle gole di Sebenico. 

Finita la guerra torna alla pittura, dividendosi tra Ascoli e Roma, dove è ricercato come ritrattista negli ambienti dell’alta società. 

Del 1944 è il dipinto “San Giuseppe da Copertino“, per la chiesa ascolana di San Francesco. Negli immediati anni del dopoguerra partecipa a diverse mostre a Milano e Roma. 

Nel 1956 conosce il pittore Luciano Nicoli il quale lo introduce nell’ambiente culturale di Carrara, dove Ferrari tiene molte “personali”. Nel frattempo, ad Ascoli, esegue opere importanti per la sua carriera: l’abside del “Sacro Cuore” per l’omonima chiesa (iniziata nel ’50, quindi interrotta e terminata nel ’55); la lunetta “Il battesimo di Cristo” per la chiesa di San Tommaso (1950); “Cristo e San Camillo” per l’Ospedale civile (1954, recentemente modificata). 

Nel 1958 dipinge l’abside della chiesa cinquecentesca di Santa Maria in Piazza a Petritoli. Nello stesso anno tiene una “personale” a Firenze, dove il quadro “Assalto alla città” viene acquistato dalla Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti. In questi anni inizia ad accogliere, gratuitamente, allievi nel suo studio. Sempre nel ’58 apre una vera e propria scuola d’arte, con sede al Palazzetto Longobardo, anche questa gratuita. 

Del 1959 è il dipinto “Sacro Cuore” per la chiesa di Villa Passo. In questi anni esegue quattro lunette sotto la cupola dipinta da Coppola, nella chiesa delle Suore Concezioniste di Ascoli. 

Nel 1960 trasferisce lo studio a Piazza Sant’Agostino, dove istituisce una “personale” permanente. Contemporaneamente ai quadri di ispirazione classica, filone che non ha mai interrotto (“Sacra Famiglia”, alla maniera del ‘500 veneto, per la chiesa di Pietralta, è 1959), la sua ricerca si apre al periodo, dal medesimo artista definito, del “metallismo”, dove si compie una fusione tra l’arte figurativa e quella astratta. 

A cavallo tra gli anni ’60 e gli anni ’70, questa nuova visione viene affrontata in numerose grafiche, per poi trasferirsi su tele di più ampio respiro. Intorno al 1978 compie un’importante svolta tecnica, il passaggio dalla pittura ad olio a quella acrilica e, sul piano poetico e grafico, ad un “Neo-classicismo esasperato”, come tiene a specificare. Approfondisce, anche il tema della Crocifissione, già sviluppato a Petritoli, che trova il suo compimento in quella destinata alla chiesa di Sant’Antonio a Castel di Lama (1981) per l’altare maggiore, e nell’incompiuta “Crocifissione”, con predella raffigurante la “Via Crucis” (2000, una delle sue ultima opere) esposta presso l’Auditorium della Carisap di Ascoli Piceno. 

Dino Ferrari si spegne ad Ascoli Piceno il 15 Settembre 2000

di Paola Barbara Castelli